La bozza di Costituzione voluta dal Presidente Kais Saied comprime i poteri del Parlamento e dell’apparato giudiziario. Nel weekend centinaia di persone hanno manifestato a Tunisi
di Marco dell’Aguzzo
Centinaia di persone hanno manifestato nel finesettimana a Tunisi, capitale della Tunisia, per protestare contro la bozza di Costituzione proposta dal Presidente Kais Saied, che lunedì verrà sottoposta a referendum. La Costituzione assegna ampi poteri al Presidente, comprimendo quelli del Parlamento e dell’apparato giudiziario: secondo i critici, qualora venisse approvata, provocherà un cambio di sistema politico nel Paese.
I manifestanti vedono nel referendum l’ultimo passaggio di una progressiva trasformazione autocratica della democrazia tunisina messa in atto dal Presidente Saied, che un anno fa ha sospeso il Parlamento eletto, rimosso il Primo Ministro e iniziato a governare per decreti, scavalcando l’organo legislativo. Per le persone che sabato hanno protestato lungo il viale Habib Bourguiba – la strada principale nel centro di Tunisi –, quello di Saied è un colpo di Stato: “Fermiamo il Governo autocratico” e “Mettiamo fine al colpo di Stato”, per l’appunto, erano due degli slogan più ripetuti dalla folla.
La manifestazione è stata organizzata da una coalizione di gruppi che riunisce il movimento Cittadini contro il colpo di Stato e il partito islamista moderato Ennahda, quello che deteneva più seggi nel Parlamento sciolto da Saied.
Il fronte anti-Presidente fatica però a mostrarsi compatto, e dunque a mobilitare la società civile, per via delle divergenze interne. Almeno inizialmente, poi, la stretta di Saied contro i partiti – giustificata con la lotta alla corruzione e con la necessità di riformare quello che considerava un Governo disfunzionale – era stata accolta con favore dalla popolazione, vista la condizione di stagnazione economica e di paralisi politica in cui si trovava la Tunisia. Ma sembra che l’entusiasmo popolare verso il referendum sia scarso, e gli analisti si aspettano una partecipazione bassissima al voto (non è comunque necessario raggiungere una soglia minima per validarlo).
Più che alle vicende politiche, i tunisini – questo è quello che molti di loro hanno detto ai giornalisti – sono interessati e preoccupati per la crisi economica. Il Paese ha avvertito parecchio l’impatto della pandemia di coronavirus (che ha compresso le entrate del turismo) e dell’aumento dei prezzi delle materie prime aggravato dalla guerra in Ucraina (che ha reso più care le importazioni di grano).
Testo e foto pubblicati per gentile concessione di Eastwest, magazine di geopolitica diretto da Giuseppe Scognamiglio www.eastwest.eu
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