Ucraina, 100 giorni di guerra: facciamo il punto

La cronaca di questi giorni si concentra sulla situazione a Severodoneck, nella regione di Luhansk. L’avanzata russa procede lentamente, ma gli ucraini sono in difficoltà e hanno bisogno di armi migliori per precisione e gittata

di Marco dell’Aguzzo

Cento giorni fa la Russia ha invaso l’Ucraina e l’ha chiamata “operazione militare speciale” per “denazificare” il Paese. L’obiettivo, al di là delle falsità diffuse dalla propaganda del Cremlino, era conquistarne l’intero territorio attraverso la rapida presa di Kiev e il rovesciamento del Governo di Volodymyr Zelensky. Il piano però è fallito, per l’impreparazione militare della Russia e per le capacità di resistenza dell’Ucraina, armata dall’Occidente. Mosca, così, ha dovuto rivedere al ribasso le sue ambizioni, dando il via a una seconda fase della guerra geograficamente più ristretta: il campo di battaglia adesso è il Donbass, l’area dell’Ucraina orientale dove si trovano le autoproclamate (e filorusse) repubbliche separatiste di Doneck e Luhansk.

La cronaca di questi giorni si concentra sulla situazione a Severodoneck, una città nella regione di Luhansk che la Russia ha sottoposto a un duro assedio e a continui bombardamenti. Le forze armate di Mosca sono infine entrate nel centro urbano e hanno anche occupato Lyman, un nodo ferroviario di rilievo. Gli ucraini sono in difficoltà: non hanno abbastanza artiglieria e dalla gittata adeguata. Eppure – come spiega Luca Lovisolo, ricercatore esperto di Russia, sul suo blog – l’avanzata russa non sta procedendo rapidamente, anzi. A sud di Severodoneck, nelle località di Doneck e di Cherson, i russi subiscono il contrattacco ucraino e non riescono ad avanzare. Sono fermi anche a Popasna, 49 chilometri sotto Severodoneck. L’agenzia Reuters riporta che i russi guadagnano tra i cinquecento e i mille metri di terreno al giorno appena, rispetto alle decine di chilometri previste.

Di per sé, la “fase due” dell’invasione già rappresentava per il Cremlino un ripiego rispetto alle intenzioni iniziali. Ma anche la campagna nel Donbass è stata a sua volta ridimensionata: il fronte avrebbe dovuto essere ampio 800 chilometri, scrive Lovisolo, ma non arriva a 60.

Per proseguire nell’offensiva e conquistare le importanti città di Kramatorsk e Slovjansk, le forze armate russe dovranno necessariamente attraversare il fiume Severskij Donec. Una manovra del genere è di per sé complessa, e la Russia ha già dimostrato di non avere le competenze logistiche per effettuarla senza fallire (più volte), perdendo mezzi e soldati. A Mosca, peraltro, mancano entrambi. Un anonimo funzionario della difesa di un Paese occidentale ha detto a Reuters che l’esercito russo ha perso – tra morti e feriti – oltre 40mila uomini, e che l’efficacia di combattimento delle forze di terra è al 50%. Secondo alcuni analisti, la Russia sta facendo così tanto ricorso all’artiglieria proprio perché ha carenza di fanteria.

Tuttavia, la concentrazione di tanta capacità di fuoco su un fronte ristretto è un ostacolo enorme per le forze ucraine, sottoposte a un’intensità di colpi tale da impedire il ricambio delle truppe: se i combattenti sono stremati, la resistenza si fa ancora più ardua. Per poter contrattaccare in maniera efficace, l’Ucraina ha bisogno di armamenti migliori per precisione e gittata. Recentemente gli Stati Uniti hanno annunciato che forniranno al Paese ulteriori aiuti militari per 700 milioni di dollari, contenenti anche i sistemi lanciarazzi avanzati richiesti da Kiev, gli Himars prodotti da Lockheed Martin. Sono in grado di colpire un bersaglio a 70 chilometri di distanza: si tratta di una gittata di circa tre volte superiore a quella degli obici attualmente in dotazione a Kiev. Con mezzi simili, gli ucraini potranno colpire i russi anche nelle loro retrovie e danneggiarne le linee di rifornimento, esponendosi di meno.

La Germania ha promesso di inviare all’Ucraina dei sistemi di difesa aerea e dei radar per rilevare l’artiglieria russa. Gli americani vogliono venderle quattro droni MQ-1C Gray Eagle, che permettono di lanciare missili Hellfire e che sono compatibili con un numero maggiore di armi rispetto ai Bayraktar TB2 turchi.

Resterà però da vedere se questi armamenti arriveranno in tempo nelle mani dei soldati ucraini. Alcuni analisti temono che sia troppo tardi e che sarebbe stato più sensato consegnarli settimane fa, quando i russi si stavano riorganizzando dopo la ritirata dai dintorni di Kiev. Se Mosca dovesse ottenere il controllo di ampie porzioni del Donbass, potrebbe sfruttare la cosa sia come leva nelle eventuali trattative con l’Ucraina per la cessazione degli scontri, sia come base per lanciare nuovi attacchi nell’ovest e nel sud del Paese.

Testo e foto pubblicati per gentile concessione di Eastwest, magazine di geopolitica diretto da Giuseppe Scognamiglio www.eastwest.eu

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