Ucraina, due navi che trasportano il grano sono dirette in Italia: si aggrava però la situazione del continente africano

di Emilia Morelli

Due navi che trasportano grano ucraino sono dirette in Italia. Grazie al corridoio marittimo formato da Russia, Turchia, Ucraina e Onu, il Il Joint Coordination Center (JCC), sono state così sbloccate le esportazioni ferme dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, il 24 febbraio scorso. Le navi dirette in Italia fanno, invero, parte di due autorizzazioni distinte: una per quattro navi con un carico complessivo di 160 mila tonnellate di grano e un’altra per due navi con un carico di 59,459 tonnellate di generi alimentari.

Le due navi dirette in Italia sono: la Sacura, partita dal porto di Yuzhny (Pivdennyi in ucraino) nella zona di Odessa, con un carico di 11 mila tonnellate di soia con destinazione Ravenna; e la Mustafa Necati, partita dal porto di Chornomorsk e diretta a Monopoli con 6 mila tonnellate di olio di semi di girasole. Le altre navi sono dirette in Turchia e in Cina.

L’accordo sottoscritto e il fatto che le navi partano rappresenta senz’altro un segnale rassicurante volto ad arginare il problema della crisi alimentare. Tuttavia, appare quantomeno bizzarro il fatto che nessuna delle navi partite finora abbia raggiunto le coste africane. I Paesi africani, infatti, sono quasi del tutto dipendenti dalle importazioni di grano ucraino . Si pensi all’Eritrea che dipende per il 100% dal grano prodotto in Ucraina e in Russia, o alla Somalia il cui rapporto di dipendenza supera il 90%, o anche all’Egitto che dipende per l’80% dalla produzione di queste zone.

Secondo un’analisi di Filiera Italia “sono 50 i Paesi in via di sviluppo dipendenti per oltre il 30% dalle importazioni di cereali di quest’area e 25 di questi lo sono per oltre il 50%. Nella maggior parte dei casi si tratta di Paesi i cui governi basano buona parte dei propri consensi sulla somministrazione di cibo a condizioni accessibili, uno stabilizzatore che in questo caso potrebbe venir meno in breve tempo”. E la situazione non sembra migliorare. Ad esempio il Libano ha recentemente confermato di avere uno stock di cereali per non oltre due settimane.

Un accordo, quindi, che doveva di fatto essere una vera e propria boccata d’ossigeno per i Paesi particolarmente bisognosi si è ridotto, nei fatti finora, solo ad una pura retorica priva di risvolti concreti. In proposito l’Europa, allora, impegnata a salvaguardare i Paesi membri tra politiche energetiche, alimentari e volte a cercare di contenere i flussi migratori dovrebbe fare di più: in gioco non vi sono infatti solo gli equilibri alimentari europei ma anche quelli africani, già gravemente compromessi.

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