Ucraina: falliscono i corridoi umanitari e continua l’offensiva, Putin: “Le sanzioni sono una dichiarazione di guerra”

di Mario Tosetti

L’Esercito russo alle prime ore del mattino aveva dichiarato la tregua e la creazione di corridoi umanitari per l’evacuazione della popolazione civile dalle città di Mariupol e Volnovakha, secondo quanto affermato dal ministero della Difesa russo. Qualcosa, però, è andato storto e il tentativo è fallito ancor prima di iniziare. Erano state formate lunghe colonne di donne, bambini e anziani che sono dovute ritornare indietro, a nascondersi nei bunker, perchè l’offensiva russa è ripresa con uguale intensità. Il fallimento della tregua è stato addebitato dal Cremilino “alla riluttanza di Kiev a influenzare i nazionalisti o estendere il cessate il fuoco”, ha detto il portavoce del ministero della Difesa russo, il generale Igor Konashenkov, che ha aggiunto: “I battaglioni nazionalisti hanno approfittato del cessate il fuoco per riorganizzarsi e rafforzare le loro posizioni”. Poco prima il ministro degli esteri Lavrov ha sottolineato: “ai corridoi umanitari non si è presentato nessuno”. Secondo il governo di Kiev la Russia avrebbe violato gli accordi bombardando la città di Volnovakha, ventimila abitanti a metà strada tra Mariupol e Donetsk, mentre Zelensky era intervenuto assicurando  “stiamo facendo di tutto per far funzionare l’accordo”.

La città ucraina di Mariupol avrebbe dovuto cominciare l’evacuazione dei civili alle 9, le 10 in Italia, il sindaco però sin da subito ha denunciato la violazione dell’accordo e che “l’evacuazione ” sarebbe stata “rinviata per motivi di sicurezza” perchè le forze russe continuavano a bombardare la città. “I russi stanno continuando a bombardarci e a usare l’artiglieria. E’ follia. Non c’è nessun cessate il fuoco a Mariupol e nemmeno lungo la strada. I nostri civili sono pronti a scappare ma non possono farlo sotto le bombe”, ha sottolineato il vicensindaco Serhiy Orlov. La versione di Kiev è confermata anche dallo staff di Medici senza Frontiere che ha  reso noto che l’apertura dei corridoi umanitari annunciata da Mosca “non è avvenuta”.

Intanto, chi riesce continua a fuggire dal paese: almeno 1,3 milioni di persone hanno già varcato in confini, secondo le Nazioni Unite. Sul terreno la situazione appare simile a uno stallo: la maxi colonna di mezzi militari russi è sempre immobile a 25 km di chilometri dalla capitale Kiev che, comunque è accerchiata sebbene sembri sia ancora possibile entrare o uscire dalla città. Le città di Kharkiv e Sumy a Ovest, Chernihiv a Nord, Mariupol a Sud-Est e Mykolaiv a Sud-Ovest sono tutte sotto assedio ma, a quanto risulta, ancora in mano ucraina. Il ministro della Difesa ucraino Oleksiy Reznikov ha ammesso che i russi hanno guadagnato terreno in diverse direzioni, ma ha rassicurato la popolazione affermando che è riuscito a prendere il controllo solo di “una piccola porzione del territorio” e che i combattenti ucraini resistono e li respingono. “Il ‘grande esercito ha mostrato la sua vera natura, vile e terrorista, capace di aggredire la popolazione donne, bambini, civili disarmati”, ma “il nemico risponderà di ogni vita uccisa, di ogni lacrima provocata”, ha aggiunto il ministro della Difesa. Invero, ciò che preoccupa maggiormente è l’avanzare delle armate russe verso una seconda centrale nucleare, dopo la conquista di quella di Zaporizhzhia. Si  tratta dell’impianto di Yuzhnoukrainsk, nella regione di Mykolaiv, nell’Ucraina meridionale, un impianto composto da 4 reattori, dal quale ormai le truppe di Mosca si trovano a una trentina di chilometri. Gli esperti sostengono sia chiara la strategia di Mosca: stanno provando a sottomettere il popolo ucraino tentando di prendere il controllo  dell’energia elettrica. In proposito si tenga presente che già solo la centrale di Zaporizhzhia garantisce il fabbisogno energetico del 40% del Paese.

Fonti di stampa ucraine hanno dato notizia dell’uccisione di uno dei membri del team negoziale ucraino a Gomel da parte dei servizi di sicurezza di Kiev. Denis Kireyev sarebbe stato ucciso mentre si trovava in stato di arresto a causa di alcune intercettazioni telefoniche dallr quali emergerebbe un suo tradimento a favore della Russia. La notizia, comunque, non è stata confermata da fonti ufficiali.

Al contempo Putin, mentre aumenta la stretta sull’informazione in Russia, ha fatto sapere:  “Le sanzioni contro la Russia rappresentano una dichiarazione di guerra” e ha affermato che “l’attuale leadership a Kiev deve capire che se continua con lo stesso spirito, mette in discussione il futuro della statualità ucraina e, se ciò accadrà, sarà interamente sulla loro coscienza”.

La Cina, che finora si è limitata a condannare le sanzioni imposte a Mosca,  auspica che i combattimenti in Ucraina si fermino “il prima possibile” e sottolinea la necessità di trovare una soluzione attraverso il dialogo.   “La Cina sostiene tutti gli sforzi che aiuteranno ad alleviare la situazione e risolverla politicamente”, ha detto il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, in un colloquio telefonico con il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, aggiungendo che “si oppone a ogni a qualsiasi azione che non sia favorevole alla promozione di una soluzione diplomatica, e che invece alimenta il fuoco e aggrava la situazione”.

In proposito sembra che vi sia una data per il terzo round di negoziati, dovrebbero svolgersi il prossimo 7 marzo. Ad ogni modo, le circostanze non fanno ben sperare. Non solo le parti si attestano su posizioni estremamente distanti ma di fatto il primo risultato concreto raggiunto con la negoziazione, la tregua temporanea per favorire i corridoi umanitari, è stato tristemente disatteso.

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