Verbali secretati e loggia massonica, l’oscura vicenda delle dichiarazioni dell’Avvocato Amara

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loggia-massonica-verbali-secretati-caso-amaradi Emilia Morelli

Sullo scenario uomini politici, magistrati e potenti industriali, atti incriminanti destinati a rimanere segreti vengono alla luce, una multinazionale e una loggia massonica. No, non è la trama di un film d’azione, è invece è l’ennesima storia di veleno tra toghe. “Ho ricevuto un plico anonimo, tramite spedizione postale, contenente la copia informatica e priva di sottoscrizione dell’ interrogatorio di un indagato reso nel dicembre 2019 dinanzi all’autorità giudiziaria. Nella lettera anonima quel verbale veniva indicato come segreto e l’indagato menzionava in forma diffamatoria se non calunniosa , circostanze relative a un consigliere di questo organo”. Questo è l’incipit della storia e si apprende attraverso le dichiarazioni del consigliere del Csm, Nino Di Matteo, le voci relative al misterioso plico aleggiavano da tempo nella magistratura ma erano rimaste nascoste fino all’ultimo plenum dell’organo.

Il Plico, inizialmente secretato, che approda nelle mani dei magistrati prima e della stampa poi, riguarda dei verbali di dichiarazioni rilasciate da Pietro Amara, ex avvocato esterno dell’ Eni e comparso in numerosi processi  in cui parte era la multinazionale, dal contenuto scottante. Di Matteo spiega di aver consegnato questi verbali alla procura di Perugia, che è competente a vigilare sulla magistratura della Capitale. Adesso, però, il plico arriva alle porte del Csm ed è privo di firma.

Per quanto riguarda il contenuto dei verbali le dichiarazioni rilasciate da Amara coinvolgono diverse personalità politiche, tra cui anche l’ex Premier Giuseppe Conte insieme con l’ex deputato e vicepresidente del Csm Michele Vietti, e si fa riferimento ad una vera e propria loggia massonica, denominata Ungheria cui queste personalità di rilievo farebbero capo.  Si tratta, comunque, di dichiarazioni rese da un soggetto, Amara, che a seguito di un patteggiamento per il reato di corruzione decide di parlare alla Procura. Dichiarazioni che andrebbero verificate e che, fino ad apposita verifica restano illazioni se non addirittura calunnie.

La trama si infittisce perchè il Pm  di Milano, Paolo Storari, che seguiva l’inchiesta sul presunto complotto ai danni dell’Eni decide di consegnare i verbali a Piercamillo Davigo, fino a poco tempo fa tra i consiglieri del Csm. La spiegazione del perchè Storari non abbia scelto di indagare ma si rivolga ad un membro dell’organo di autogoverno della Magistratura lascia un pò perplessi. Storari, secondo quanto lui stesso dichiara, lo avrebbe fatto in forma di autotutela in quanto per mesi avrebbe chiesto al suo ufficio di aprire un fascicolo d’indagine ma senza ottenere alcuna risposta. Il PM milanese decide, allora di rivolgersi a Davigo che è una sua conoscenza. Il motivo per cui le richieste di Storari siano rimaste inascoltate fa presumere che qualcosa nella Procura di Milano non abbia funzionato e nel merito indagherà il Csm.

Secondo quanto riporta l’Ansa tra i PM c’è chi sostiene che l’indagine che Storari voleva portare avanti sarebbe stata bloccata per non inficiare il processo in corso sulla vicenda Eni-Shell/Nigeria. Allo contempo, nei corridoi della Procura si insinua che la ‘autotutela’ invocata da Storari prevede dei precisi passaggi formali che in questo caso sarebbero stati omessi giungendo alla diffusione di interrogatori secretati.

“Né io né il mio ufficio abbiamo mai avuto conoscenza della disponibilità da parte del Cons. Davigo o di altri di copie di verbali di interrogatorio resi da Piero Amara alla Procura di Milano. Si tratta di per sé di una grave violazione dei doveri del magistrato, ancor più grave se la diffusione anonima dei verbali fosse da ascriversi alla medesima provenienza. Non appena pervenuti gli atti necessari da parte delle Procure competenti, la Procura generale valuterà le iniziative disciplinari conseguenti alla violazione del segreto, per la parte di sua spettanza”, commenta il Pg della Cassazione Giovanni Salvi che continua, “Nella tarda primavera dell’anno passato, il Cons. Piercamillo Davigo mi disse che vi erano contrasti nella Procura di Milano circa un fascicolo molto delicato, che riguardava anche altre procure e che rimaneva fermo; nessun riferimento fu fatto a copie di atti”, aggiunge Salvi, spiegando che informò “immediatamente il Procuratore della Repubblica di Milano”.

Inoltre è  indagata la signora Marcella Contrafatto, impiegata del Csm e segretaria di Piercamillo Davigo prima e Fulvio Gigliotti poi, che si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Nei giorni scorsi la donna, è stata convocata per  un interrogatorio davanti agli inquirenti della Procura di Roma in seguito alla trasmissione degli atti dagli uffici giudiziari di Milano e Perugia, e dopo aver subito una perquisizione, ha deciso di non parlare. Gli accertamenti che hanno messo al centro la Contrafatto sono stati avviati dai pubblici ministeri del gruppo “reati in danno della pubblica amministrazione” e dalle indagini si paventa la possibilità che si configuri il reato di calunnia. E’ stato, inoltre, aperto un secondo fascicolo dopo l’invio degli atti dalle Procure di Milano e Perugia e si procede per  il reato di rivelazione del segreto d’ufficio, secondo l’articolo 326 del codice penale.  Nella disponibilità della Contrafatto, nei giorni scorsi, gli investigatori della Guardia di finanza hanno trovato dei verbali secretati di Amara. I controlli delle Fiamme gialle si sono concentrati sia nell’abitazione della donna che nell’ufficio a Palazzo dei Marescialli. L’impiegata è stata sospesa dal servizio e rischia il procedimento disciplinare.

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