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Volodymyr Zelensky e Giorgia Meloni, eletti uomo e donna dell’anno 2022 da Associated Medias

Il Presidente dell’Ucraina e la prima donna eletta Presidente del Consiglio dei Ministri in Italia riconosciuti dalla nostra redazione come le due personalità che hanno segnato la storia  dell’anno appena trascorso. I principali protagonisti del 2022

di Guido Talarico

Volodymyr Zelensky e Giorgia Meloni. Per la redazione di Associated Medias sono l’uomo e la donna dell’anno 2022. Una selezione facile: i due erano nei fatti scelte inevitabili. Il primo ha guidato l’Ucraina ad una stoica resistenza contro l’aggressione russa. Dopo la drammatica invasione dello scorso 24 febbraio pochi avrebbero scommesso sul fallimento della “missione speciale” ordita da Mosca. Zelesky invece, indossata la mimetica (che a tutt’oggi non ha mollato), si è messo alla testa del suo popolo mostrando doti di leadership, di coraggio e di resistenza rare. Non solo. Ha dimostrato sempre fermezza e tanta dignità, tenendo alto il tono della sua leadership e della sua comunicazione anche quando le bombe cadevano a pochi metri da lui, anche quando si è assistito a massacri come quelli di Mariupol o di Azovstal. Il suo coraggio, la sua determinazione hanno certamente dato forza alla sua gente e sostenuto la resistenza.

La seconda è la prima donna italiana a diventare Presidente del Consiglio, in più è la prima leader ad avere portato un partito di destra a diventare il primo d’Italia. Un risultato clamoroso che non erano riusciti a conseguire neppure due stelle storiche di quella parte politica, uomini del calibro di Giorgio Almirante e Gianfranco Fini. A Zelensky e Meloni abbiamo dedicato per l’occasione ritratti scritti da Velia Iacovino e Gianni Perrelli. Qui invece, oltre a proclamare l’affermazione del duo Zelensky – Meloni, ricordiamo i fatti di questo 2022 appena conclusosi che entreranno nei libri di storia.

Il primo dato generale da ricordare di questo 2022 è politico. Storicamente quando spirano venti di guerra o le crisi economiche e sociali sono particolarmente acute l’elettorato guarda di più a destra. E’ una sorta di riflesso condizionato del cittadino medio che sembra sentirsi più tutelato non da sinistra e moderati ma dai partiti di destra o dai movimenti populisti. Non che questi necessariamente abbiano poi i voti per guidare i governi dei propri paesi, ma di certo crescono. Vediamo dunque come è andata, con una rapida carrellata degli eventi memorabili dell’anno appena conclusosi.

GIORGIA MELONI: UNA VITTORIA MERITATA

Di Giorgia Meloni abbiamo già brevemente detto e per l’approfondimento vi rimandiamo al pezzo di Iacovino. Qui però ci interessa sottolineare il dato generale. La neo Premier ha vinto con numeri nei quali non credevano forse neppure i più ottimisti tra gli elettori di Fratelli d’Italia.

Un successo indiscutibile ottenuto però perché FdI era l’unico partito d’opposizione durante il governo di Mario Draghi. E si sa che stare all’opposizione produce buoni redditi elettorali. Ma non è stato solo questo. Meloni ha una leadership che funziona. E’ una che viene dalla gavetta, dalla politica delle sezioni, dalla periferica Garbatella, dalle mille battaglie fatte, anche lanciando con coraggio un partito nuovo che aveva avviato maluccio (2%) il suo percorso parlamentare. Giorgia era un “under dog”, come si è lei stessa definita, e si sa che anche gli sfavoriti sono una categoria che attrae simpatia. Ma c’è di più, Meloni appare lontana sia dalla politica “imprenditoriale” di Berlusconi, vissuta sempre sul crinale del conflitto d’interessi, che dal salvinismo populista, tutto felpe e barconi. Può non piacere a chi non viene dalla sua parte, ma è donna, è giovane, è politicamente coerente alla sua storia e amministrativamente pragmatica. Sa mediare, ma sa anche essere inflessibile. Ma soprattutto ha dimostrato, una volta entrata a Palazzo Chigi, di essere molto più vicina a Mario Draghi e a Bruxelles che non a Salvini ed Orban. Le ragioni del suo ampio consenso sono tutte qui. E sono più che abbondanti per essere stata eletta donna dell’anno 2022.

VIKTOR ORBAN: L’AMICO DI PUTIN CHE AMMONISCE UE

Allargando ora lo sguardo e tornando alle spinte a destra registrate in tutto il mondo non si può non partire che da Viktor Orbàn, l’uomo che con il Presidente Serbo, Aleksandar Vucic, è considerato il premier europeo più vicino al Presidente russo Vladimir Putin. L’elettorato ungherese lo ha eletto per il quarto mandato consecutivo, al termine di una campagna elettorale caratterizzata dalla sua posizione controversa sull’invasione russa dell’Ucraina. Dopo l’ampia e scontata vittoria Orbán, ha mandato un chiaro messaggio all’Unione europea spiegando che la sua politica conservatrice tutta patria e chiesa “non rappresenta il passato, ma il futuro”.

VINCE MACRON, MA LA DESTRA DI LE PEN AVANZA

Nel 2022 si è votato anche in Francia. Ha vinto Emmanuel Macron, non come al primo mandato – la sua maggioranza è infatti più esigua – ma è riuscito a fare comunque il bis. Un risultato che non era scontato: il paese è arrivato al voto diviso e combattuto tra opposte visioni della repubblica e del futuro.  Marine Le Pen, arrivata al secondo turno, si è così rivelata un avversario assai più temibile del previsto ottenendo un risultato storico, il più alto che la destra nazionalista e anti-immigrazione francese abbia mai ottenuto.

Alla fine i francesi che hanno votato Le Pen sono stati 12 milioni, circa 5 milioni in più rispetto alla sua ultima candidatura alle presidenziali del 2017. Numeri che fanno del Rassemblement National, il partito fondato dalla Le Pen nel solco della tradizione paterna, un riferimento politico decisivo per la Francia e per tutta la destra europea.

REGNO UNITO INSTABILE. TRE GOVERNI DI DESTRA POCHE SOLUZIONI

Sempre con la destra al potere ma nel segno dell’instabilità. Così è andato il 2022 per la Gran Bretagna. Cascano i governi come d’autunno dagli alberi le foglie ma le cose non migliorano, anzi tra Brexit, Covid, guerra in Ucraina, la morte della Regina Elisabetta II e mettiamoci anche Megan & Harry, il 22 per i sudditi di Re Carlo è stato un anno orrendo.

Boris Johnson è stato costretto alle dimissioni dopo una serie di scandali che hanno compromesso definitivamente la credibilità sua personale e del suo gabinetto. Il cosiddetto “partygate’‘, in particolare, è stata la causa della sua uscita anticipata da Downing Street. L’ex primo ministro e il suo team è stato scoperto durante il Covid a violare le regole sul lockdown messe in atto, non senza polemiche, dal suo stesso governo.

Uscito di scena Johnson è stato il turno di un’altra donna conservatrice, Liz Truss. Che è stata un disastro totale. Ha tentato di rianimare la malconcia economia britannica con una riforma risibile che ha poi dovuto cancellare nel giro di pochi giorni. Risultato? Uno dei governi più brevi della storia del Paese: appena un mese e mezzo. Ciò nonostante Truss rimarrà nella storia come l’ultimo Premier britannico ad aver incontrato la Regina Elisabetta, morta pochi giorni dopo l’ascesa dell’infausta Liz. Nelle porte girevoli di Downing Street, uscita Truss è entrato un altro conservatore, Rishi Sunak. E questo è un altro evento storico, vista l’origine indiana del miliardario divenuto Premier. Una beffa del destino, se vogliamo. Le ragioni profonde della Brexit erano di matrice xenofoba. Gli inglesi che con volevano più stranieri in casa si ritrovano ora come capo un discendente dei loro sudditi.

ELEZIONI IN SVEZIA: ESTREMA DESTRA AGO DELLA BILANCIA

I Paesi scandinavi ci hanno abituati a governi frutto di coalizioni, che spesso arrivano dopo mesi di trattative e che altrettanto spesso sono frutto di alleanze a dir poco inconsuete. E’ andata così anche in Svezia dopo l’ultimo voto. A Stoccolma, dopo settimane di estenuanti negoziati, tre partiti di centro-destra hanno raggiunto un accordo politico che ha dato vita ad un governo basato su una coalizione di minoranza, la cui vita dipende dal sostegno in parlamento di Svedesi Democratici, un partito di estrema destra, il più forte del paese, che così avrà un’influenza diretta sul nuovo esecutivo.

Il Parlamento svedese ha eletto come nuovo premier il candidato del centrodestra Ulf Kristersson, vincitore delle ultime elezioni sulla premier uscente di sinistra Magdalena Andersson. Kristersson ha ottenuto 176 voti a favore, 174 contrari, che è già una maggioranza a dir poco risicata. Ma per incassare la fiducia è risultato decisivo l’appoggio del Partito di estrema destra Svedesi Democratici, una formazione di stampa nazionalista, che di fatto diventa l’ago della bilancia di questa nuovo governo di destra arrivato al potere.

STATI UNITI E BRASILE, QUI LA SINISTRA TIENE

Nel resto del mondo, tra i paesi principali, vi sono due grandi nazioni che hanno fatto registrare una tenuta della sinistra. Negli Usa, nelle elezioni di midterm i democratici, grazie ad una saggia campagna elettorale portata avanti dal Presidente Joe Biden, hanno riconquistato il controllo della Camera dei Rappresentanti a dispetto dei sondaggi e dell’attivismo di Donald Trump che dopo la sconfitta elettorale è sembrato prendere una china politica discendente, fatta di pesanti critiche arrivate anche dall’interno del suo partito. Una larga fetta dei Repubblicani sembra infatti non sopportare più l’aggressività e l’inconsistenza di Trump. La rivelazione natalizia delle sue dichiarazioni dei redditi (inesistenti) sembra accelerare questa fase di declino in cui sembra essersi avviato l’indebitatissimo tycoon.

Il 2022 è stato invece l’anno del ritorno al potere in Brasile di Lula da Silva in Brasile. Un ritorno che ha del miracoloso, visto che l’ex presidente veniva da una brutta storia, fatta di scandali e galera, poi per lui finita bene. Il candidato della sinistra ha battuto di pochissimo il candidato di destra Jair Bolsonaro al secondo turno delle elezioni presidenziali. Bolsonaro, un conservatore ipernazionalista, ha pagato il prezzo di una gestione fallimentare della pandemia, una avversione alle questioni ambientali e del peggioramento generale della situazione economica nel Paese.

CINA TUTTO IL POTERE ANCORA IN MANO A XI JINPING

Come poi non menzionare la Cina? Nella terra di Mao Tse Tung, nel 2022 non ci sono state elezioni per come le intendiamo noi ma si è tenuto il Congresso del Partito Comunista. Qui il presidente Xi Jinping ha ottenuto lo storico terzo mandato consecutivo da segretario generale del Pcc alla fine della prima plenaria del XX congresso. È stato lui stesso ad annunciarlo in uno memorabile discorso tenuto nella Grande sala del popolo. Al suo fianco sono rimasti i fedelissimi, a cominciare dal numero due, il capo del partito di Shangai, Li Qiang, che si prepara a diventare il prossimo premier nella sessione del Parlamento prevista a marzo 2023, nonostante la gestione disastrosa della crisi del Covid. Xi ha anche confermato per sé il comando delle forze armate cinesi, restando presidente della Commissione militare centrale. Insomma, l’immobilismo democratico cinese continua la sua lunga marcia nel segno della continuità.

CHI CI HA LASCIATO NEL 2022

Come ogni anno, colmo è l’elenco di chi ci ha lasciato. In ordine sparso, cominciando dalla fine. Ieri ci ha lasciato Joseph Ratzinger. Passerà alla storia per le sue dimissioni, per la copertura degli abusi sui minori avvenuti nella sua diocesi tedesca e per il suo conservatorismo opposto alle aperture del suo successore Papa Francesco. Un grande studioso, un eccellente interprete della dottrina della chiesa, che però non è riuscito a traghettare il Vaticano nel nuovo secolo.

Nella cerimonia degli addii, oltre alla già menzionata Regina Elisabetta II, ricordiamo poi l’industriale Leonardo Del Vecchio, il martinit divenuto l’uomo più ricco d’Italia grazie alle sue fabbriche di occhiali, e per contro Calisto Tanzi, l’industriale a capo della Parmalat che dalle stelle della finanza finì nelle stalle di una clamorosa bancarotta. Nel mondo della politica va segnalata la prematura scomparsa di David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo, del leghista Roberto Maroni e poi dell’ex ministro degli esteri Franco Frattini. E naturalmente uno dei padri della Democrazia Cristiana, vale a dire Ciriaco De Mita.

Sul fronte internazionale invece da ricordare è la morte di Mikhial Gorbaciov, ultimo Presidente dell’Urss, quella dell’ex segretario di stato americano Madeleine Albright e quello dell’ex premier giapponese Shinzo Abe. Per la cultura segnaliamo la recentissima morte dell’architetto giapponese Arata Isozaki, dell’indimenticabile attrice Monica Vitti, dell’italo francese Catherine Spaak, della stilista inglese Vivienne Westwood, regina del punk nella moda, e degli attori americani Sidney Potier, William Hart, Olivia Newton John e Ray Liotta, più il compositore Vangelis. Nella musica, da tenere a mente anche il re del rock-and-rollo Jerry Lee Lewis. Tra gli attori va ricordato anche il francese Jean-Louis Trintignant e con lui il registra connazionale Jean-Luc Godard. Poi il giornalismo, con tre fantastici protagonisti: Tito Stagno, Piero Angela, Eugenio Scalfari. Un ricordo speciale va anche alla grande fotografa siciliana Letizia Battaglia. Anche lo sport ha avuto i suoi grandi caduti, a cominciare dal formidabile Pelè, che è morto sotto Natale lasciando sgomento il Brasile e gli appassionati di calcio di mezzo mondo, poi il calciatore Sinisa Mihailovic e il ciclista Vittorio Adorni.

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