Dai centenari sardi agli highlander ashkenaziti, il segreto nel potere della mente

di Velia Iacovino

E’ fin dalla notte dei tempi che l’uomo insegue il sogno dell’ immortalità impegnandosi in una instancabile ricerca della formula magica che possa assicurargli una vita lunga e sana, meglio ancora un’eterna giovinezza. Una ricerca testimoniata da miti e leggende, come quella, più celebre in assoluto, del Graal, la preziosa coppa dai poteri miracolosi, contenente il sangue che il nobile decurione romano Giovanni d’Arimatea avrebbe raccolto dalle ferite di Cristo morente sulla croce. Una illusione la possibilità di vittoria dell’uomo sul tempo e sui mali, perseguita con passione dagli alchimisti medievali impegnati nella sperimentazione di magiche pozioni.

Dalle pozioni alle pillole

Un’idea comunque radicata in tutte le culture, da quella greco-romana, a quella persiana e araba, cinese e indiana, che continua ad affascinare e che oggi non è più materia esoterica, ma oggetto di studi scientifici e di importanti progetti di ricerca che coinvolgono i più prestigiosi laboratori del mondo. Coronavirus permettendo, la longevità umana, secondo un rapporto dell’università di Tilburg in Olanda, potrebbe arrivare a una media di 115 anni.

Ma c’è anche chi ritiene che possa allungarsi oltre i 120. E intanto sono tantissimi i farmaci in commercio contro l’invecchiamento, con ingenti profitti per il settore.

I segreti dell’Ogliastra

Ma basta davvero una pillola per fermare il tempo? In Sardegna, nell’Ogliastra, intorno al massiccio del Gennargentu c’è un’area che comprende alcuni comuni come Arzena, Villagrande Strisaili, Perdasdefogu. Un’area, che esattamente un anno fa è stata dichiarata Blue Zone, termine usato per identificare regioni demografiche o geografiche in cui la speranza di vita è notevolmente più alta rispetto alla media mondiale.

Da anni meta di medici, ricercatori e giornalisti –National Geographic e Bbc vi hanno dedicato recentemente ampi reportage e Zac Efron vi ha girato un documentario per Netflix – questa è la terra dei matusalemme (dal nome del personaggio più longevo della Bibbia, morto all’età di 969 anni). Qui si arriva tranquillamente a festeggiare i cento anni in ottimo stato di salute, continuando a lavorare la terra e ad allevare le capre. E nessuno è ancora riuscito a capire se il segreto sia nel cibo, nella bellezza sperduta della natura, o nel patrimonio genetico. O in un fortunato mix di tutto ciò, che Gianni Pes, ricercatore all’Università di Sassari e Raffaele Sestu, medico studioso del territorio, hanno riassunto nella formula “Vita Gaia”, che sta riscuotendo ampio successo. Gaia è l’acronimo di genetica, ambiente e alimentazione, integrazione e autostima. In questa combinazione di elementi l’arcano.

Debole il ruolo del dna

Il dna c’entra ma in minima parte come dimostra anche la disparità di mortalità tra i gemelli omozigoti: sarebbero infatti solo due i geni, al momento collegabili scientificamente con la lunghezza della vita, per un’incidenza definita debole e calcolata tra il 15 e il 20 per cento.  Molto contribuirebbero altri fattori. L’ habitat, il cibo e soprattutto l’assenza di stress, che modifica le risposte ormonali dell’organismo, incidendo in particolare sulla produzione di cortisolo da parte delle ghiandole surrenali, una sostanza che agisce sulle cellule modulando il nostro metabolismo. Non nella genetica il segreto, dunque, è il grande passo avanti compiuto dagli scienziati in questi anni, ma nell’epigenetica, che attribuisce non solo al nostro corpo, ma anche ai nostri pensieri e alle nostre emozioni la possibilità di incidere sull’ orologio biologico, rallentandone la corsa fatale verso il disfacimento e la morte.

Gli highlander ashkenaziti

A queste conclusioni è arrivato anche il ricercatore israeliano Nir Barzilai, direttore fondatore dell’Institute for Aging Research, del Nathan Shock Center of Excellence in Basic Biology of Aging e del Paul F. Glenn Center for Biology of Human Aging Research presso Albert Einstein College of Medicine dell’Università di Yeshiva, che nel suo ultimo libro “Age Later”, uscito lo scorso giugno, analizza gli esiti di studi condotti su 3.000 campioni, che includono 750 centenari e i loro figli, concentrandosi in particolare sulla popolazione ashkenazita newyorkese, i cui membri hanno spesso vissuto sani e in forma oltre i 90/100 anni. Le persone sostiene il professor Barzilai  “invecchiano a ritmi diversi” e hanno una diversa età biologica. E decisivo sul loro destino sarebbe a suo avviso l’accumulo delle big four dopo il decennio successivo ai 60 anni, quattro malattie chiave che sono: diabete, patologie cardiache, cancro e Alzheimer. Barzilai, che ha paragonato il coronavirus a una guerra, ha anche detto di nutrire forti speranze nella battaglia contro il Covid 19, proprio in un farmaco, chiamato metformina, utilizzato contro il diabete di tipo 2 e sperimentato contro le malattie legate all’età. “Ma possiamo estendere la durata della salute -ha sottolineato- e godere di una vita qualitativamente migliore fino alla fine” anche ricorrendo a un trucco importante: attivare la mente. Ottimismo, entusiasmo e voglia di vivere sono fondamentali, ha spiegato, confermando che i centenari della sua ricerca sono tutti accomunati da una personalità positiva ed estroversa. Non si tratta di seguire abitudini sane, a giocare un ruolo fondamentale per creare una generazione di futuri highlander è l’epigenetica.

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