Gasparri lancia il Reddito di maternità: un contributo di un anno per non abortire

Questo disegno di legge prevede l’assegnazione di un reddito di 1000 euro al mese per un anno alle donne in difficoltà economiche con un ISEE fino a 15.000 euro

MAURIZIO GASPARRI SENATORE

La scelta di diventare madre può realmente essere subordinata ad un contributo dello Stato di un anno? Il contributo di un anno può rappresentare un deterrente all’aborto? Evidentemente si,  nell’immaginario di Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia al Senato, che ha presentato una proposta di legge riguardante il reddito di maternità.

Questo disegno di legge prevede l’assegnazione di un reddito di 1000 euro al mese per un anno alle donne in difficoltà economiche con un ISEE fino a 15.000 euro, a condizione che rinuncino ad abortire. Inoltre, per ogni figlio dal terzo in poi è prevista una maggiorazione di 50 euro al mese, e di 100 euro per ogni figlio con disabilità fino al diciottesimo anno d’età. Il contributo, secondo quanto illustrato dal Senatore, è previsto solo per le donne italiane, utilizzando il criterio della cittadinanza italiana non come un concetto etnico, ma amministrativo e giuridico, per evitare che persone di altre nazionalità possano approfittarne.

Gasparri ha sottolineato che la proposta attua l’articolo 5 della legge 194 sull’interruzione di gravidanza, che prevede che i consultori debbano esaminare con la donna le possibili soluzioni ai problemi, anche economici, che potrebbero spingerla all’interruzione di gravidanza. Il Senatore forzista ha criticato l’uso strumentale dell’articolo 5, affermando che spesso non viene applicato in modo concreto e che i consultori non forniscono soluzioni effettive ai problemi economici delle donne.

Quanto, però, possa essere una soluzione effettiva ai problemi economici un contributo pro tempore è chiaro che Gasparri non lo considera. Un bambino vive – e meno male- ben più di un anno, e anzi i bisogni dei bambini aumentano con l’avanzare dell’età.  Quello che viene da pensare, piuttosto, è che lo strumento del reddito di maternità potrebbe in realtà essere utilizzato in modo ben difforme da quelle che appaiono le intenzioni del Senatore. Si immagini una donna che non vuole avere figli ma vive in gravi condizioni di indigenza e magari con una dipendenza, allora decide di utilizzare il reddito di maternità strumentalmente,  al solo scopo di ottenere il denaro, salvo poi mettere al mondo un bambino non potendo e non volendo di fatto provvedervi.

Senza tenere conto dei costi. La proposta di legge prevede una previsione di spesa fino a 600 milioni di euro annui, con un fondo ad hoc a partire dal 2024. Gasparri ha ammesso di non poter prevedere esattamente il costo totale del provvedimento, ma ha espresso il desiderio di offrire un sostegno economico significativo alle donne, sottolineando che spesso vengono stanziati fondi per altri settori, come i bonus per le auto elettriche, e che un bambino dovrebbe valere più di un’auto elettrica. Ma allora perchè piuttosto che creare un deterrente all’aborto non si cerca di creare delle condizioni di welfare per i cittadini tali che i figli non diventino un lusso per pochi? Si pensi  ad esempio alla mancanza di asili nido, si pensi al costo di una baby sitter, si pensi al costo dei libri scolastici,  si pensi al fatto che le scuole chiudono tre mesi l’anno e che invece un genitore che lavora ha solo quindici giorni ferie.

Assistiamo quindi alla seconda puntata della saga anti- aborto messa in campo dalla politica. Dopo la vicenda dell’ ingresso nei consultori delle associazioni pro- vita arriva lo strumento finanziario, di un anno, per incentivare il non aborto. Quando invece, chi i figli li ha già o li vorrebbe, chiede interventi strutturali che  certamente diminuirebbero il tasso di denatalità, lasciando qualsiasi donna libera di esercitare il suo diritto abortire.

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