Guerra nel Tigray: Ore decisive, appello del Premier Abiy alla popolazione tigrina

di Guido Talarico

Sta per scadere l’ultimatum che il primo ministro etiope e premio Nobel per la Pace, Abiy Ahmed, ha dato per arrendersi al Fronte di liberazione del Tigrè (TPLF). Trascorso inutilmente anche questo ultimo lasso di tempo, l’esercito etiope entrerà in questa regione posta al confine con l’Eritrea condotta alla ribellione da una minoranza elitaria che non vuole rinunciare alla perdita di potere nel governo centrale avvenuta proprio con la nomina a premier di Abiy.

Ed è questo un punto centrale di tutta l’intera vicenda, che ancora una volta è stata mal raccontata dalla stampa internazionale ancora condizionata dalla propaganda che proprio i tigrini per anni hanno piegato ai propri interessi ed in danno di etnie molto più numerose come quelle Oromo o Amara o contro gli eritrei, loro alleati e sostenitori ai tempi della guerra al Derg, la dittatura sanguinaria comunista guidata da Menghistu.

Perché la verità che Abiy continua a ripetere da tempo, anche con accorati appelli alla popolazione, è che il Governo di Addis Abeba non ha nulla contro la popolazione tigrina che considera parte integrante ed amata dell’Etiopia, ma ha solo l’obiettivo di liberare questa regione ed il paese dal ricatto di una ridotto ed elitario numero di leader tigrini che per pura brama di poter da molti anni sacrifica il proprio popolo e con esso il futuro dell’Etiopia e dell’intero Corno d’Africa ai propri interessi personali.

Abiy, pur sapendo che in ogni caso sarà una guerra lampo, vuole evitare a tutti i costi ulteriori spargimenti di sangue. Un prezzo che alla fine paga soltanto la popolazione e i ceti sociali più deboli mentre invece le elite tigrine continuano a manovrare nell’ombra diffondendo false notizie ed utilizzando le buone relazioni che, anche a livello internazionale, conservano grazie a venti anni continui di governo. Un potere che, come dicevamo, è stato interrotto proprio dall’ascesa di Abiy, un leader giovane portato al potere da una popolazione vessata proprio dalle discriminazioni tigrine.

Molte parti, anche a livello internazionale, Nazioni Unite comprese, preoccupate per la crisi umanitaria che potrebbe derivare dal protrarsi del conflitto, sono impegnate in queste ultime drammatiche ore, prime che l’ultimatum scada, nel tentativo di fare arrendere il direttorio tigrino asserragliato nella capitale regionale di Macallé, che, ancora una volta, sembra purtroppo orientato a perseguire i propri folli interessi anche a costo di sacrificare ancora la propria gente.

Abiy continua incessantemente a lanciare messaggi alla popolazione tigrina, proprio per evitare inutili e ulterior spargimenti di sangue anche perché la sconfitta tigrina, qualora la resa non dovesse arrivare, è un dato certo, viste le forze in campo e considerato che la popolazione, in larga parte già in fuga verso il Sudan, non ha alcuna voglia di affrontare questo folle scontro.

Dunque le prossime ore saranno decisive per i tigrini e per l’Eritrea, che continua a sostenere con amicizia e fedeltà le scelte del Presidente Abiy, la cui ascesa al potere, è bene ricordarlo, ha chiuso una folle aggressione contro l’Eritrea, durata vent’anni e voluta proprio dai tigrini, E saranno decisive anche per l’Etiopia e per l’intero Corno d’Africa.

Il governo etiopico parla di migliaia di soldati del Tplf che si stanno arrendendo in queste ore consapevoli che la guerra non è diretta contro di loro ma contro le poche persone che controllano la giunta del TPLF. Fonti ad Addis Abeba confermano che il portavoce di questa giunta che ha moglie e figli con cittadinanza americana abbia chiesto all’ambasciatore americano di fare evacuare la sua famiglia negli Stati Uniti mentre dichiara di voler mandare i giovani tigrini al massacro contro l’esercito federale. Tutto questo mentre l’associazione dei diritti umani etiopica denuncia gli odiosi crimini riscontrati nelle zone liberate contro popolazioni inermi da parte di squadroni del Tplf che sono già qualificati come crimini di guerra di cui Debrezion e compagni dovranno rispondere.

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