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I media e la loro influenza sulla nostra percezione del mondo

Quattro studenti di diverse nazionalità, di ritorno da una Study Mission a Bruxelles organizzata da Eastwest European Institute, si interrogano sul ruolo dell’informazione nella percezione e anche gestione del mondo contemporaneo

di Alberto Ibort, Idil Igdir, Seref Sarpael, Guillermo Moran Perez

I mezzi di informazione, gli oscuri governanti delle nostre vite e della nostra percezione dei fatti del mondo intorno a noi, ci hanno portato dalle buie stanze della pandemia del 2020 alla brutale guerra in Ucraina del 2022. Ma cosa succede nel mondo oltre a questi due eventi epocali?

In un mondo dove le atrocità sembrano moltiplicarsi, il modo in cui i media danno risalto alle notizie indirizza le società su come valutare e inserire le “notizie fumanti” all’interno della loro quotidianità. Anche se questo è in effetti il compito e la responsabilità dei media, questi tendono a strattonare continuamente l’attenzione da un tema all’altro, per poi correre a cavalcare una nuova emergenza che potrebbe risultare più appetibile per le masse. In altre parole, sembrerebbe che i media siano al volante mentre i lettori vengono condotti attraverso i fatti del mondo intorno a loro inchiodati al sedile del passeggero.

Questo schema si ripete, come per esempio è stato durante la crisi talebana dello scorso agosto o la persecuzione degli uiguri nello Xinjiang, o la permanente crisi umanitaria in Somalia o la crescente violenza nel Myanmar, tutti scenari che dopo alcuni giorni o settimane di ribalta sembrano essere stati consegnati all’oblio. Oggi, sono due i fronti che si contendono l’attenzione del pubblico, l’emergenza da Covid-19 e l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, visti dai media con occhi spesso molto diversi.

Non si può negare che i media abbiano un’influenza fondamentale sull’ordine mondiale e di conseguenza sulla vita stessa delle persone. Solo attraverso i media abbiamo la possibilità di accedere a informazioni che riguardano eventi di grande peso geopolitico, ovunque si svolgano nel mondo, e dei quali altrimenti saremmo all’oscuro. Questo dà modo alle società di formarsi un’opinione e avere una visione su temi che spaziano dalla politica, all’economia, alla cultura del resto del pianeta e dei suoi abitanti. Ma quando ci si sofferma sul livello di “diversità”, di completezza e di credibilità garantite dall’informazione, la nostra preoccupazione è legittima.

Alcuni esempi. Il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan il 15 agosto 2021 ha aperto la strada al ritorno in cattedra dei Talebani e alla rapidissima caduta di Kabul. L’ascesa dell’organizzazione militante islamista, che ha causato una nuova ondata di rifugiati e inenarrabili violazioni dei diritti umani e delle donne, ha lasciato un segno indelebile sull’ordine mondiale. Ma poi cos’è successo? Avvolta dall’ampio mantello dei media, giorno dopo giorno la notizia si è sgonfiata come a suggerire che quello scenario si sia “normalizzato”. Invece di costringere i leader mondiali ad affrontare seriamente la questione talebana, il mondo è stato come indotto ad accettare la loro presenza in Afghanistan, senza venire più informato sull’evoluzione della situazione e sulle sue conseguenze. E similmente, i media, avendo steso un velo di silenzio sulle tante crisi umanitarie e le violenze contro i civili perpetrate, per esempio, nello Myanmar, in Yemen, in Etiopia e in molte altre parti del mondo, hanno dato a molti l’illusione che la vita in questi luoghi scorra oggi normale, visto che non fanno più “notizia”.

Gli individui sono dipendenti dai mezzi di comunicazione per ottenere le informazioni, i media forniscono ai cittadini informazione quotidiana su cosa accade nel resto del mondo. Quello che vediamo nelle news e che leggiamo sui giornali sono anche i fatti e le idee con cui costruiamo la nostra comprensione degli eventi che si svolgono nel mondo. Questa informazione, oggi più che mai, è un elemento essenziale del funzionamento delle nostre società e ha effetti sulla gestione delle crisi e sui comportamenti personali e sociali, rendendo i valori trasmessi attraverso l’informazione e, anche l’intrattenimento, fattori che indirizzano il mondo.

È inevitabile domandarci perché alcuni fatti ricevono più di altri l’attenzione dei media globali, e quindi dei lettori/ascoltatori, e quali sono gli effetti e le conseguenze di questo.

Alberto Ibort (Berlino), di origine spagnola, studia alla Mondragon Unibersitatea.

Idil Igdir (Parigi), di origine turca, studia alla Università di Parigi I Pantheon-Sorbonne.

Seref Sarpael (Aarhus), danese, studia alla Aarhus University.

Guillermo Moran Perez (Valencia), spagnolo, studia alla Università Valencia International.

Testo e foto pubblicati per gentile concessione di Eastwest, magazine di geopolitica diretto da Giuseppe Scognamiglio www.eastwest.eu

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