La rinascita della Giordania grazie al turismo: storia, architettura e natura i fattori di successo

In un Medioriente dilaniato da guerre, tensioni etniche e calamità varie, Amman è riuscita a rilanciare il paese attraendo i ricchi visitatori europei

di Gianni Perrelli

L’ingegnere di Genova si è immedesimato nella scenografia di Petra fino a infilarsi negli abiti di Indiana Jones. E spiega con aria professorale e dovizia di particolari alla famigliola (moglie due figli) le leggende fiorite intorno al Tesoro, il monumento più iconico e più ammirato del complesso archeologico in cui la storia si mescola alla magia. Fondata più di duemila anni fa dai Nabatei, Petra è diventata fiorente nei secoli a cavallo della nascita di Cristo. Semidistrutta da un rovinoso terremoto nel 363, e devastata di nuovo da un altro sisma nel 551, fu relegata nell’oblio per tutto il Medio Evo. Una città perduta. Riportata alla luce solo nel 1812 dal giovane esploratore svizzero Johann Ludwig Burckhardt che per vincere la diffidenza delle tribù e riscoprirla dovette travestirsi da beduino e apprendere le parlate locali.

Un chilometro più in là una coppia in viaggio di nozze di Napoli si fa il selfie sullo sfondo del Teatro romano, l’unico al mondo scolpito nella roccia, indugiando poi sulla guida che svela i segreti di una delle sette meraviglie del mondo. Sulle pendici, davanti alle Tombe reali, due fidanzati di Roma deviano dalla strada principale unendosi per un percorso accidentato a un intrepido milanese che cerca di raggiungere il sepolcro di Sesto Fiorentino (un inviato del Senato romano) proponendosi poi di spingersi sempre a piedi fino al remoto Monastero. Nello spirito di avventura ce n’è per tutti i gusti. Il piacere estetico si mescola alla ricerca dell’imprevisto.

Già per per tutto il Novecento Petra è stata la meta di un turismo colto, sensibile alle suggestioni della storia, dell’architettura e delle atmosfere venate di mistero. Oggi, con l’esplosione del turismo di massa, intorno a Petra è scoppiata un’autentica febbre. Oltre un milione di visitatori l’anno. La maggioranza italiani. Rapiti non solo dalla maestà e dall’armonia di edifici incastonati in una natura aspra e straniante. Ma anche dal senso di scoperta e di imprevedibilità che porta i turisti più arditi a uscire dai sentieri meno protetti. Per la maggior parte degli esploratori, che non si limitano più alla visita toccata e fuga corredata dal classico tragitto sul cavallo o sul cammello, l’esperienza si protrae per più giorni. Ci sono giovani che rimangono dentro il complesso anche dopo la chiusura dei cancelli. Per immergersi nel fascino del cielo fittamente stellato che riflettendo la luce sulle vestigia sprigiona singolari emozioni.

La Giordania, anche grazie alla svanita concorrenza della Siria dilaniata (Palmira è ancora in fase di ricostruzione dopo le devastazioni prodotte dalle barbarie dell’Isis) e dal Libano ridotto alla fame, nel postpandemia è diventata la Mecca turistica nel Medio Oriente. Inserita dalla Lonely Planet (la guida più autorevole del pianeta) fra le 30 migliori destinazioni del 2023.

Fra gli itinerari imperdibili spiccano il magnetismo del Wadi Rum, il deserto di Lawrence d’Arabia, una distesa di pietra arenaria mista a sabbia trasformata in area protetta. Un ambiente estremo dove è possibile campeggiare, fare trekking a dorso di cammello, volare in mongolfiera. Con la possibilità di una rapida escursione ad Aqaba, lo scalo marittimo e la spiaggia sul Mar Rosso, trasformata in un porto franco dove i giordani accorrono nel week end anche da Amman (quattro ore di auto) per fare incetta di prodotti low cost.

Molto affollate sono anche le rovine di Jerash, l’impressionante Pompei del Medio Oriente devastata da un terribile terremoto nel 747 dopo Cristo. Visitatissimo è Il monte Nebo, sulla cui sommità Mosè avrebbe avvistato per la prima volta la Terra promessa. E meta d’obbligo per i cristiani è la Fonte battesimale, alimentata da un affluente del fiume Giordano. in cui il profeta Giovanni Battista avrebbe battezzato Gesù. Un luogo sacro, ricco di richiami biblici, che calamita masse di fedeli di tutto il mondo. Affratellati dal misticismo che si esprime in preghiere, canti, commossi segni di devozione.

E poi il Mar Morto, il punto più basso del pianeta. Con i sali, i fanghi e i minerali che consentono di galleggiare più che di nuotare e hanno prodigiose proprietà terapeutiche per le malattie della pelle. Lungo le sponde sorgono molti resort che arricchiscono il piacere della vacanza con un tocco di lusso. E le attrazioni della stessa Amman, la capitale pulsante proiettata coi suoi grattacieli verso il futuro ma ancora custode delle sue antiche tradizioni nell’area intorno alla Cittadella. Nella metropoli è più accentuato il solco fra la società tradizionale in cui le donne portano rigorosamente il velo (non è obbligatorio) e quella abbiente e decisamente laica convertita ai riti occidentali e costosi dell’happy hour, dei pub e dei locali notturni in cui l’alcol non è vietato.

In tutto il paese, dove quasi non esiste la delinquenza, si respira un’aria di moderazione che si esprime anche nell’azione di equilibrio, avulsa dalle convulsioni dell’area, che caratterizza la politica. La monarchia hashemita, prima  con il re Hussein, oggi con il figlio Abdallah II (filosionista e filooccidentale) ha raggiunto discreti standard di sviluppo sociale, di istruzione (con una miriade di università private) e di livelli salariali. Esiste, è vero, a causa della pandemia, della siccità, dell’afflusso di rifugiati (700 mila dalla Siria) e dell’inflazione il problema della disoccupazione giovanile (il 57 per cento della popolazione ha meno di 24 anni). Bilanciato però della rimesse (un terzo del Pil) dei lavoratori emigrati all’estero. E resiste lo iato, sia in termini di reddito che di mentalità, fra i grandi centri urbani e le campagne. Oltre a un deficit di democrazia, almeno per i nostri parametri, che penalizza ancora il genere femminile. Ma, pur priva di risorse energetiche (il governo di Amman compra in prevalenza il petrolio dall’Arabia Saudita), la Giordania che vanta sei siti Unesco patrimonio dell’umanità ha trovato nella vocazione all’accoglienza e all’ospitalità la sua miniera d’oro.

(Associated Medias) – Tutti i diritti sono riservati