Milleproroghe, la Camera ha votato la fiducia. Draghi: “Garantire i voti in Parlamento o non si va avanti”

di Corinna Pindaro

La Camera dei Deputati ha votato la fiducia al governo sul decreto legge intitolato “disposizioni urgenti in materia di termini legislativi”, più noto come “Milleproroghe”. I voti a favore sono stati 369, quelli contrari 41. Il testo passerà poi al Senato per la conversione definitiva in legge.  Il decreto milleproroghe 2022 ha avuto un iter complesso. Nella notte tra mercoledì e giovedì della settimana scorsa erano stati approvati quattro emendamenti contro il parere del governo, suscitando il risentimento del presidente del Consiglio Mario Draghi, che ha dato una vera e propria strigliata alla maggioranza. Ai capidelegazione Draghi ha chiesto di “garantire i voti in Parlamento o non si va avanti”.

Adesso, però, non c’è più tempo per proporre modifiche agli emendamenti come voluti dall’esecutivo. Il tempo stringe per far fronte agli impegni assunti in Europa e ottenere i fondi del Next Generation Ue. Entro il 2022 l’Italia dovrà approvare 66 riforme e 102 sono gli obiettivi da raggiungere per assicurarsi seconda e terza rata dei fondi europei, in tutto 40 miliardi. E’ proprio per questo motivo che Draghi ha sottolineato l’importanza che Parlamento e partiti collaborino nel perseguimento di obiettivi fondamentali per il Paese. “Il governo deve fare cose e il Parlamento deve portarle avanti”, ha sottolineato il Premier.

C’è, tuttavia, il rischio che la maggioranza si spacchi nuovamente intorno a temi ritenuti irrinunciabili per la poltica del governo quali li la delega fiscale, la concorrenza, il codice appalti, la riforma delle pensioni, la riforma della giustizia e del Csm.

Per quanto riguarda la giustizia, in particolare, dopo l’approvazione del Csm al pacchetto di misure proposto dalla Ministra Cartabia i lavori Commissione Giustizia alla Camera sono fermi. Si attende un testo che recepisca le modifiche volute dal governo per passare alla successiva votazione degli emendamenti. L’obiettivo che persegue il governo è, poi, che la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario sia approvata prima di maggio, approvazione che annullerebbe due dei cinque quesiti referendari dichiarati ammissibili dalla Corte Costituzionale.

Anche in materia di delega fiscale  l’approvazione della riforma va a rilento, è stata varata il 5 ottobre dal Consiglio dei ministri e ferma per l’opposizione della Lega sulla riforma del catasto. Altra delega che preoccupa Palazzo Chigi è quella sulla concorrenza, la materia  infatti è già stata al centro di polemiche sollevate da Lega e M5s per quanto riguarda la riforma delle concessioni balneari e sono state, poi, richieste oltre cento audizioni in commissione al Senato. Problemi di ritardi anche per la riforma del codice degli appalti, varata a giugno ma di fatto ferma.  Di estrema rilevanza la ratifica italiana alla riforma del Mes, attesa con impazienza da Bruxelles in vista di un vertice informale dei leader Ue del 10 marzo e del Consiglio europeo di fine mese -a poche settimane dalle elezioni presidenziali francesi- che ha all’ordine del giorno la riforma del Patto di stabilità e crescita.

A fare da sfondo a tutte le riforme e gli impegni a cui fare fronte vi è, peraltro, l’appuntamento elettorale con i referendum e le elezioni amministrative di primavera. Si voterà, prima dell’estate 2022, in 23 i capoluoghi di provincia, e in particolare a Genova, Palermo, Catanzaro, L’Aquila, Verona, Parma e Padova. In autunno poi si voterà per le elezioni regionali in Sicilia.

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