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Si è spenta Carla Fracci, diva iconica ed “eterna fanciulla danzante”

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di Emilia Morelli

morta-carla-fracci“Eterna fanciulla danzante”, definita così dal poeta Eugenio Montale, Carla Fracci sarà sempre una diva iconica del balletto internazionale, eterea e leggiadra. Carla Fracci muore, all’età di 84 anni, a seguito del progredire di un tumore e del decorso di una malattia contro cui ha preferito lottare lontana dai riflettori.

Carla Fracci lascia un segno indelebile di bellezza fuori dal tempo mista alla concretezza propria del suo carattere, magrissima ma al contempo solida è e sarà il volto simbolo del balletto classico  con la particolarità data dal fatto che ha saputo coniugare le performance nei teatri di tutto il mondo con le partecipazioni tv e sui rotocalchi. Etoile della Scala di Milano si è esibita sui palchi più prestigiosi del mondo tra cui il Royal Ballet, lo Stuttgart Ballet, il Royal Swedish Ballet e, dal 1967, è divenuta l’ artista ospite dell’American Ballet Theatre, esibendosi accanto ad i più eccelsi partner come Erik Bruhn, Rudolf Nureyev, Mikhail Baryshnikov, Gheorghe Iancu, Vladimir Vasiliev, Henning Kronstam, gli italiani Amedeo Amodio, Paolo Bortoluzzi, e coreografi come Cranko, Dell’Ara, Rodrigues, Nureyev, Butler, Béjart, Tetley e molti altri.

La danza richiede disciplina, passione, dedizione e talento ma Carla Fracci che ha vissuto quasi tutta la sua vita danzando, è considerata  in maniera assoluta l’artista più talentuosa del 900. Nasce a Milano nel 1936, figlia di un tranviere, all’età di 10 anni viene iscritta dai genitori alla Scuola di ballo del Teatro alla Scala. “All’inizio non capivo il senso degli esercizi ripetuti, del sacrificio, dell’impegno mentale e fisico. Io, poi, sognavo di fare la parrucchiera. Fu pesantissimo”, ha confessato la Fracci in una delle sue prime interviste. Tuttavia i suoi lineamenti dolci, la leggerezza dei movimenti, il suo fisico scolpito appositamente per la danza non lasciano indifferenti le insegnanti, Vera Valkova, Edda Martignoni, Paolina Giussani.  Poco più che bambina a  12 anni è già una comparsa in La bella addormentata con Margot Fonteyn. L’ occasione di ballare accanto alla grande ballerina fu la sua epifania: comprese che i sacrifici, lo studio, la disciplina possono produrre poesia. Si diploma nel 1954, nel 1955 debutta nella Cenerentola alla Scala; nel 1958, a 22 anni, viene promossa prima ballerina.

Da questo momento la sua carriera non si è mai arrestata, ballerà  ed interpreterà più di 150 ruoli oltre alle popolarissime opere come Lago dei cigni, Lo schiaccianoci, Giulietta, la Swanilda di Coppelia, Francesca da Rimini più di ogni altro ruolo quello che appariva cucito su di lei è stato quello di Giselle. Nei panni della giovane contadinella innamorata, coi capelli sciolti e uno svolazzante tutù, ha declinato una pagina storica del balletto lasciando un’impronta indelebile.

Carla Fracci da quel momento in poi sarà Giselle in tantissime edizioni dell’opera, si ricorda tra tutte quella in cui si è esibita insieme con Rudolf Nureyev. “Ballare con Rudolf era una sfida. Carattere difficile. Eccentrico e competitivo, ma di grandissima generosità. Era inammissibile per lui che nel lavoro non ci si impegnasse. E per guadagnarsi la sua stima, bisognava essere più forti e uscirne vittoriosi”, ha raccontato lei in una intervista subito dopo che aveva deciso di lasciare la Scala e da ballerina indipendente, era diventa l’étoile italiana più famosa nel mondo, “la prima ballerina assoluta” scriverà il New York Times.

“In tanti mi hanno chiesto come ci si sente a essere un mito. Ma i miei che erano dei lavoratori, padre tranviere, madre operaia mi hanno insegnato che il successo si deve guadagnare. E io ho lavorato, lavorato, lavorato…”. La Fracci continua a volteggiare senza sosta anche dopo il matrimonio con Beppe Menegatti, aiuto regista di Visconti, nel ’64, e dopo che è diventata mamma nel ’68. Con Menegatti oltre ad un sodalizio sentimentale si realizza un sodalizio artistico concretizzatosi in molti spettacoli e personaggi quali Medea, Pantea, Titania, Ariel, Luna, Ofelia, Turandot.

“L’importante è che la gente veda la danza” diceva, e lei lo ha abbattuto il concetto che il balletto fosse solo accessibile solo ad un pubblico di nicchia andando oltre il repertorio del balletto di danza classica  e si è esibita fino a quattro anni fa quando,  con fisico ancora asciutto e la determinazione che ha contraddistinto la sua vita, fece un cameo in La musa della danza al San Carlo di Napoli.

Ben prima di Roberto Bolle, Carla Fracci ha contribuito a portare la danza in contesti slegati dai teatri e capaci di rivolgersi ad un gruppo di persone più eterogeneo. La sua prima apparizione tv è stata nel’67 con Scarpette rosa, di Vito Molinari. Successivamente in molti show del sabato sera e ancora nello sceneggiato tv su Giuseppe Verdi, come interprete di Giuseppina Strepponi, la soprano e seconda moglie del compositore. Ha vestito i panni di  attrice anche sul grande schermo in Storia vera della signora delle Camelie di Bolognini con Isabelle Huppert e Gian Maria Volonté, Nijinskij di Herbert Ross con Jeremy Irons. Più di recente si ricorda la sua frizzante autoironia di fronte alla sua imitazione ad opera di Virginia Raffaele al Festival di Sanremo.

Una vita intensa in cui, comunque, il punto focale è stato sempre il balletto, per la diffusione dello stesso Carla Fracci è stata impegnata in molti contesti, anche politici.  Ha militato nella sinistra italiana e nel 2009 è divenuta assessore alla Cultura della Provincia di Firenze,  si è battuta contro lo smantellamento dei Corpi di Ballo dalle fondazioni liriche, anche con un appello nel 2012 all’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “Il ballo classico ha dato prestigio al nostro Paese ed è triste che oggi sia considerato residuale. Un’arte nobile come questa non può essere trattata come una Cenerentola” affermava con vigore.  Lei stessa si era impegnata in prima persona a tenere vivi i teatri: alla fine degli anni Ottanta quando dirige il Corpo di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli, poi nel ’96 quello dell’Arena di Verona, e dal 2000 per dieci anni alla testa della compagnia di danza all’Opera di Roma, ha probabilmente avuto un unico rimpianto costituito dalla mancata direzione del balletto alla Scala, teatro dove a in seguito a dissapori non si è più esibita dal ’99.

A gennaio di questo 2021 è il nuovo direttore del Ballo, Manuel Legris, a invitarla a tenere due masterclass su Giselle, ricucendo così quella rottura, e di cui resta una testimonianza nella docufiction Corpo di ballo su RaiPlay. “Mi ha toccata l’accoglienza di tutto il teatro, il lungo applauso. Ho sentito rispetto e gratitudine. Spero che ci saranno altre di queste masterclass. Ai giovani voglio spiegare che la tecnica c’è ma non va esibita”. Leggendaria la sua frase “la danza non è piedi e gambe. È testa”, che racchiude tutto il suo approccio e la sua filosofia.

La sua storia, invece, l’ha raccolta nell’autobiografia Passo dopo passo, edita da Mondadori nel 2013, che ora diventerà una fiction tv con Alessandra Mastronardi: non solo ha dato la sua consulenza insieme al marito e alla storica collaboratrice Luisa Graziadei, ma ha regalato un’ ultima performance nei panni della sua insegnante alla scuola della Scala.  “La mia è stata una gran bella vita ” ha detto orgogliosa in una delle ultime apparizioni tv, vestita di bianco, come sempre.