Dal green pass alle pensioni, dall’economia al catasto: la maggioranza rischia di spaccarsi nuovamente

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di Corinna Pindaro

decreto-sostegni-bisIl Milleproroghe della discordia ha rotto il vaso di Pandora. Dopo che, durante l’elezione del Presidente della Repubblica, le forze politiche erano ferme nel ritenere che Mario Draghi dovesse restare a Capo del Governo durante l’esame del decreto Milleproroghe sono stati approvati quattro emendamenti con il parere contrario del governo. L’episodio ha scatenato il risentimento del Premier che, il giorno dopo, ha chiaramente fatto sapere che è necessaria coesione, sgambetti non sono tollerabili e qualora non siano assicurati i voti in Parlamento non si sarebbe andato avanti.

A distanza di soli quattro giorni, però, la Lega in commissione Affari sociali alla Camera propone un emendamento, che suona come uno sgambetto,  che chiede la sospensione del green pass dal 31 marzo, data in cui dovrebbe terminare lo stato di emergenza. Non solo, anche Forza Italia è concorde ad un piano di dismissione del green pass e sul voto all’emendamento decide di astenersi. In proposito  la ministra per gli Affari regionali e le Autonomie, Mariastella Gelmini, ha ricordato che “nel centrodestra ci sono sensibilità diverse nei riguardi di vaccini e obblighi” e che certe decisioni “è giusto prenderle a ridosso della scadenza”.

Il segretario del Pd, Enrico Letta, ha duramente attaccato la Lega: “Chiediamo serietà a noi stessi e a tutti perché è l’unico modo affinché questo lavoro comune, che abbiamo chiesto al presidente Draghi, vada avanti con efficacia”. Il leader M5s Giuseppe Conte si è detto, invece,  favorevole a una revisione delle misure “ma non a colpi di emendamento”.

C’è il concreto rischio che la maggioranza si spacchi nuovamente  e non unicamente per il green pass. Si pensi a  tutte le questioni inerenti l’economia, le risorse del Pnrr, la riforma del catasto, il Ddl concorrenza, il dibattito della legge elettorale.  E non solo, il governo sta facendo i conti il caro energia in una situazione esasperata dalla crisi in Ucraina. In proposito il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, durante il Question Time alla Camera ha risposto alle domande in relazione agli effetti sui costi delle bollette derivanti dal prospettato aumento della produzione nazionale di gas, sulla compatibilità dell’incremento dell’estrazione nazionale di metano con il Piano per la transizione energetica sostenibile. Cingolani ha spiegato che: “In Italia abbiamo ridotto la produzione” di gas “da 17 miliardi di metri cubi del 2000 a circa 3 miliardi nel 2020 a fronte di un consumo rimasto costante, oscillante tra 70 miliardi e 89 miliardi di mc. Abbiamo ridotto moltissimo la nostra produzione a parità di gas totale consumato quindi importato, non avendo un beneficio ambientale ma avendo un disinvestimento dal punto di vista nazionale. Nei fatti siamo totalmente dipendenti dall’import del gas. Uno dei pochi punti di forza” dell’Italia “è che siamo riusciti a differenziare le sorgenti. Dalla Russia prendiamo circa il 43-45% a seconda dei periodi”.  La situazione, comunque, non si presenta florida per il futuro, anche perchè il ogni caso il gas continuerà ad essere usato come combustibile di transizione. “Temo che il prezzo del gas rimarrà abbastanza alto. È difficile fare previsioni ma difficilmente potrà tornare ai valori di un anno fa”, ha aggiunto Cingolani.

In tutto questo complesso scenario Palazzo Chigi, per adesso, osserva con attenzione.  Appaiono, comunque, chiare le intenzioni di Draghi: l’azione di governo e le riforme non dovranno essere ostacolate in maniera ingiustificata,  o si cammina insieme verso la meta con la fine della legislatura nel 2023 o ci si ferma prima del previsto.

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