Energia, Confesercenti: “Con l’aumento del prezzo del gas rischiano di chiudere 90 mila imprese

di Carlo Longo

Oggi il prezzo del gas è 10 volte superiore al suo valore storico. L’autunno è alle porte e l’Ue ha già convocato un Consiglio straordinario dei ministri dell’Energia affinchè si propongano soluzioni per affrontare l’emergenza. Il governo italiano è già al lavoro, Di Maio assicura “Noi speriamo di scongiurare i razionamenti con tutte le nostre forze sia come Governo che come forze politiche. Noi come Ic abbiamo chiesto un massiccio intervento sulle bollette per mitigarne gli effetti su imprese e famiglie. Il governo farà tutto il possibile e interverrà in maniera incisiva. Ma quelli che hanno provocato la crisi di Governo a luglio adesso dovrebbero tacere, invece di chiedere interventi al Governo”.  Ovviamente, infatti, la questione del gas è al centro del dibattito politico in piena campagna elettorale. Da una parte Salvini che afferma: “Se Draghi porta in Cdm o in Parlamento anche la prossima settimana un provvedimento da miliardi, da decine di miliardi per sostenere famiglie e imprese il voto della Lega è assicurato”, dall’altra Calenda che chiede alla Meloni e Letta di votare a favore dei rigassificatori, ed ancora il segretario Pd che ritiene necessario  “raddoppiare il credito d’imposta per l’energia che consenta il recupero di parte degli enormi aumenti in corso. Ne va della tenuta del Paese”.

Tuttavia, chi subirà nell’immediato le conseguenze dell’aumento dei prezzi del gas saranno le piccole imprese di turismo e terziario che saranno chiamate a pagare nei prossimi 12 mesi una maxi bolletta da 11 miliardi di euro, 8 miliardi in più rispetto allo scorso anno. La situazione è critica e rischia di condurre alla chiusura oltre 90 mila attività. Lo fa sapere Confesercenti che ha analizzato, sulla base delle tariffe di luce e gas, i costi per le imprese con meno di 20 dipendenti che operano nel turismo e negli altri comparti del terziario, dal commercio ai servizi.

In particolare, saranno le imprese del settore della ristorazione quelle che subiranno i maggiori costi, a parità di consumi dovranno spendere quasi due miliardi in più mentre per i bar senza cucina l’aumento del prezzo si aggira intorno a un miliardo di euro. “Senza sostegni, il sistema delle piccole imprese rimarrà schiacciato dall’aumento di costi. Il governo in carica agisca utilizzando tutti i poteri di cui dispone”, ha avvertito la presidente di Confesercenti Patrizia De Luise.

Ma se molte imprese sono a rischio di chiusura le imprese energetiche in Italia stanno riscontrando guadagni senza precedenti. Nei primi 5 mesi del 2022 le imprese del settore energetico e quelle estrattive di materie prime energetiche hanno visto aumentare i loro ricavi del 60%. Lo rende noto l’Ufficio studi della CGIA. Con riferimento al periodo gennaio-maggio, la crescita del fatturato delle imprese del settore energetico nel 2019 è stata dello +0,5 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; successivamente, in piena pandemia i ricavi invece sono crollati del 34,6 per cento (gennaio-maggio 2020 sullo stesso periodo anno precedente); diversamente, nei primi 5 mesi del 2021 la variazione è stata del +19,6 per cento.

Nello studio CGIA, in proposito, si legge:  “nessuno chiede un accanimento fiscale contro le grandi imprese dell’energia, sarebbe ingiusto. Va infatti ricordato che non necessariamente ad un aumento del fatturato corrisponde un analogo incremento dell’utile. Tuttavia, appare evidente che il risultato economico di questo settore nell’ultimo anno è stato molto positivo. E, anche per una questione di solidarietà e di giustizia sociale, queste realtà dovrebbero versare almeno quanto imposto dallo Stato con una legge per “aiutare” economicamente le famiglie e le imprese più in difficoltà. Invece, le grandi imprese energetiche si sono guardate bene dal farlo. Almeno con la prima scadenza prevista lo scorso 30 giugno. Ricordiamo che con il decreto Aiuti le imprese energetiche sono state obbligate ad applicare un’aliquota del 25 per cento sugli extraprofitti ottenuti grazie all’aumento dei prezzi di gas e petrolio. Dei 4,2 miliardi di euro attesi con la prima rata, lo Stato ha incassato poco meno di 1 miliardo. Se la nuova norma per recuperare queste mancate entrate inserita nel decreto Aiuti bis non dovesse avere effetto, l’erario potrebbe perdere quest’anno oltre 9 miliardi dei 10,5 previsti con l’introduzione di questa tassazione sugli extraprofitti. Certo, di fronte agli aumenti registrati in questi ultimi giorni, 9 miliardi di euro farebbero ben poco per calmierare i costi delle bollette di famiglie e imprese. Tuttavia, è una questione che mette a repentaglio la nostra coesione sociale: in un momento di difficoltà come questo, chi più ha deve aiutare chi sta peggio”.

Per quanto riguarda le possibili soluzioni, secondo CGIA, è indispensabile introdurre un tetto al prezzo del gas a livello europeo, occorre sganciare dalle quotazioni del gas il prezzo dell’energia ricavata dalle fonti rinnovabili e abbassare ulteriormente imposte, oneri e Iva sulle bollette. Inoltre sarebbe necessario che l’Ue alleggerisse le regole sul debito pubblico e sugli aiuti di Stato alle imprese, consentendo come accaduto con la pandemia ai Paesi di indebitarsi per sostenere i costi di luce e gas per famiglie e imprese. Ancora, l’Europa dovrebbe “chiedere” a Olanda e Norvegia di tornare ad essere leader europei nell’estrazione di gas naturale in modo tale che l’aumento della produzione avrebbe effetti positivi incidendo direttamente anche sui prezzi del mercato.