Eni e Shell: tutti assolti con formula piena dalle accuse di corruzione internazionale

di Emilia Morelli

Assoluzione con formula piena “perchè il fatto non sussiste” per tutti i 15 imputati di Eni e Schell coinvolti in una presunta corruzione internazionale in Nigeria. L’imputato principale era Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, a giudizio insieme al suo predecessore nonché attuale presidente del Milan, Paolo Scaroni. Precisamente  l’accusa verteva su una presunta maxitangente , da un miliardo e 92 milioni di dollari, legate all’acquisizione, da parte delle multinazionali, dei diritti di esplorazione del blocco Opl 245, un ricchissimo blocco petrolifero a largo delle coste africane, nel Golfo di Guinea.

Nocciolo del dibattimento, all’interno del processo, è stata proprio la maxitangente con la quale, secondo la tesi dell’accusa, sarebbero stati pagati politici e pubblici ufficiali nigeriani per l’acquisizione dei diritti sul giacimento petrolifero. L’accusa, sin da subito, è stata ritenuta inconsistente dalle società imputate e dello  stesso parere è stata anche la sentenza di I grado.

Imputate nel processo erano 15 persone tra loro top manager, intermediari di rilievo, ed anche l’ex ministro nigeriano, Dan Etete, che nel 1998 si è autoassegnato il giacimento. La sentenza di assoluzione è stata pronunciata dopo sei ore di camera di consiglio  dalla settima sezione penale del Tribunale di Milano, presieduta dal giudice Marco Tremolada, cinque anni dopo la richiesta di rinvio a giudizio, e poco meno di tre anni dall’inizio del processo.

Finalmente a Claudio Descalzi è stata restituita la sua reputazione professionale e a Eni il suo ruolo di grande azienda”, così  il difensore di Descalzi appena uscita dall’aula, l’avvocatessa Paola Severino. Eni, in una nota ha reso evidente tutta la sua soddisfazione per la decisione dei giudici: “Un’assoluzione che ha finalmente stabilito che la società, l’Amministratore Delegato Descalzi e il management coinvolto nel procedimento hanno mantenuto una condotta assolutamente lecita e corretta. Eni ha sempre mantenuto piena fiducia nell’equilibrato svolgimento dell’istruttoria assicurato dal Tribunale, e desidera oggi ringraziare tutti gli stakeholder che hanno creduto nella correttezza dell’operato della società e del suo management, non facendo mai mancare la propria fiducia, rispettandone le attività e la reputazione”.

Anche Shell, attraverso il suo portavoce Ben van Beurden, esprime grande soddisfazione: “Abbiamo sempre sostenuto che l’accordo del 2011 fosse legittimo, finalizzato a risolvere una decennale controversia legale e far ripartire lo sviluppo del blocco OPL 245. Al tempo stesso, il processo è stata per noi una difficile esperienza. Shell è una società che opera con integrità e ci impegniamo strenuamente ogni giorno per garantire che le nostre azioni non solo seguano la lettera e lo spirito della legge, ma siano anche all’altezza delle più ampie aspettative della società nei nostri confronti”.

La cosa che lascia un pò perplessi è che,comunque, due condanne per questo processo effettivamente ci sono state. Si tratta dei due presunti intermediari dell’atto corruttivo, Emeka Obi e Gianluca di Nardo, che avevano scelto di  farsi giudicare con il rito abbreviato barattando, quindi, la dichiarazione di colpevolezza in cambio di uno sconto di pena. Sono stati, infatti, condannati a 4 anni e la confisca di 100 milioni.

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